Alzi la mano chi non ha mai sentito nominare la parola “bitcoin”. Oggi vogliamo parlarvi di criptovalute, cioè di valute virtuali e fiscalità. Tra le varie crypto appartenenti a questo genere, il bitcoin è certamente quella più conosciuta. Le nuove tecnologie, soprattutto in campo crittografico, apportano quotidianamente numerose innovazioni anche nel settore finanziario. In quest’ambito le criptovalute rappresentano senza dubbio l’innovazione più rilevante. L’interesse per le criptovalute cresce sempre più. Ma attenzione, la stessa Consob mette in guardia dalle truffe.
Scopriamo insieme qualcosa in più sulla natura delle criptovalute e sulla regolamentazione fiscale a loro applicabile.
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Economia digitale: criptovalute e fisco
Le criptovalute sono stringhe di codici digitali opportunamente criptati. Queste monete virtuali non esistono in forma fisica. Sono, infatti, generate in via informatica mediante algoritmi matematici e si scambiano virtualmente attraverso applicazioni software specifiche. Sono conservate nei portafogli elettronici, i cosiddetti “wallet”. Si tratta di valute “nascoste”, che si possono utilizzare solo conoscendo un particolare codice informatico, la cosiddetta “chiave di accesso”.
Cosa differenzia le criptovalute dalle tradizionali monete?
Le criptovalute, a differenza delle valute tradizionali, sono prive di corso legale. Questo significa che non puoi acquistare beni o servizi utilizzandole come metodo di pagamento. A meno che queste non vengano accettate su base volontaria.
Chi emette le valute virtuali?
Non esiste una Banca Centrale preposta all’emissione delle criptovalute. Le monete virtuali sono emesse da enti privati riconosciuti. Tali enti emittenti adottano propri regolamenti che dettano una disciplina specifica in tema di criptovalute. Questi regolamenti sono accettati dai clienti all’atto dell’adesione.
Alcuni paesi hanno intenzione di sperimentare l’utilizzo delle criptovalute nel territorio nazionale, ma al momento non ci sono stati esempi concreti.
Non esiste una normativa fiscale specifica in tema di criptovalute. La Corte di Giustizia UE (sentenza 22 ottobre 2015, causa C-264/14) ha specificato che l’utilizzo delle valute virtuali rientra tra le operazioni “relative a divise, banconote e monete con valore liberatorio” (art. 135, par. 1, lett. e), della direttiva 2006/112/Ce).
Pertanto, le criptovalute sono assimilate alle valute estere, circostanza che può determinare l’emersione di “plusvalenze imponibili come redditi diversi” ai sensi dell’art. 67 co. 1 lett. c-ter) del TUIR. Questa norma, infatti, equipara il prelievo delle valute estere dal deposito o conto corrente alle cessioni a titolo oneroso, presumendone la finalità di investimento.
Pertanto, la cessione a pronti di criptovalute – cioè lo scambio immediato di valuta virtuale contro un’altra valuta – legale o virtuale – e viceversa – produce un reddito diverso imponibile in presenza di due condizioni. Analizzeremo queste condizioni quando parleremo della tassazione delle criptovalute.
Criptovalute e fisco italiano
Qual è la disciplina fiscale delle criptovalute?
Se possiedi delle criptovalute devi assolvere due obblighi.
Esiste in primo luogo l’obbligo di dichiararle. Devi cioè dichiarale nel quadro RW, dedicato agli investimenti e alle attività finanziarie all’estero. Abbiamo detto infatti che in Italia le criptovalute sono assimilate a valute estere.
Pertanto, devi indicarle nella dichiarazione dei redditi nel quadro RW. Il quadro RW si usa per il monitoraggio fiscale delle persone fisiche residenti in Italia, che detengono investimenti all’estero e attività estere di natura finanziaria a titolo di proprietà.
Indica all’interno del quadro RW il controvalore in euro degli investimenti e delle attività detenute all’estero nel periodo di imposta.
Attenzione. Ricorda che quest’obbligo sussiste anche se nel corso del periodo di imposta hai totalmente disinvestito!
Se hai comprato delle criptovalute nel 2021 dovrai dichiararle nel 2022 al controvalore in euro che le stesse avevano alla data del 31 dicembre dell’anno di riferimento.
Quindi se compri e detieni delle criptovalute nel 2022, dovrai dichiararle nel 2023.
Tranquillo, se hai omesso di dichiarare le tue criptovalute nel quadro RW o hai commesso degli errori contatta il tuo commercialista. Pagando una sanzione puoi sanare eventuali omissioni o irregolarità ed essere in regola con il fisco.
Se non hai regolarizzato la dichiarazione dei redditi del 2020 entro il 28 febbraio 2022 cosa puoi fare?
Il ravvedimento del quadro RW e della dichiarazione infedele sono possibili. Tuttavia, la sanzione sarà proporzionale dal 3% al 15% del valore degli investimenti indicati nel quadro. In base alla tradizionale opinione dell’Agenzia delle Entrate (si veda la circ. 16 luglio 2015 n. 27 § 2.3), se il modello REDDITI omesso non viene sanato nei novanta giorni non è più possibile eseguire il ravvedimento operoso nemmeno sul quadro RW. Occorre quindi attendere l’atto di contestazione delle sanzioni definibile eventualmente al terzo.
Ti stai chiedendo perché devi assolvere quest’obbligo dichiarativo? La risposta è semplice. Sei sempre soggetto al monitoraggio fiscale, anche se non dovrai pagare imposte. Infatti la compilazione del quadro RW non dipende dalla tipologia di wallet, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate. Così assolverai il tuo primo obbligo.
In secondo luogo, sei tenuto a tassare le eventuali plusvalenze al ricorrere di determinati requisiti. Scopri di più continuando a leggere il prossimo paragrafo.
Fisco e tasse criptovalute
Parliamo adesso più nello specifico di tasse. Cosa si tassa nell’ambito delle criptovalute?
Devi sapere che la sola detenzione di criptovalute non prevede nessuna tassazione. Invece le plusvalenze generate dalla cessione di criptovalute sono tassate, quando la giacenza media delle criptovalute supera il controvalore pari a 51.645,69 euro per almeno 7 giorni consecutivi.
Devono quindi essere contemporaneamente presenti i due requisiti della giacenza media: controvalore superiore a 51.645,69 euro e detenzione per almeno 7 giorni consecutivi.
Come avviene il calcolo della giacenza media? Il valore in euro della giacenza media della valuta virtuale si calcola secondo il cambio di riferimento all’inizio del periodo di imposta. Per la precisione al 1° gennaio dell’anno in cui si verifica il presupposto di tassazione.
Detta giacenza media va verificata rispetto all’insieme dei wallet detenuti dal contribuente, indipendentemente dalla loro tipologia (paper, hardware, desktop, mobile, web). Ricorda che anche la conversione da valuta virtuale a valuta virtuale può generare una plusvalenza tassabile.
Quali valute vanno dichiarate? Come dichiarato in un recente documento di prassi, devi dichiarare qualsiasi valuta detenuta in qualsiasi tipologia di wallet (anche chiavi private). Tuttavia, è stato anche chiarito che le valute virtuali non sono soggette all’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (IVAFE) dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato. Tali attività, infatti, non sono considerate di natura bancaria.
Per calcolare la giacenza fiscale esistono dei software appositi. Ma il calcolo è molto semplice. Basta sommare la quantità di monete possedute con il valore in euro che queste avevano al 1° gennaio o al giorno in cui sono state listate. Cosa aspetti a fare il tuo calcolo?
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Regime impositivo
Per determinare la plusvalenza derivante dal prelievo dal wallet, che abbia superato la
predetta giacenza media, occorre (cfr. interpello DRE Lombardia 956-39/2018):
- contrapporre il controvalore in euro della valuta acquistata al costo di acquisto dei Bitcoin
(o, nel caso di acquisto per donazione, il costo sostenuto dal donante ai sensi dell’art. 68
co. 6 del TUIR);
- considerare cedute per prime le valute acquisite in data più recente (cfr. art. 67 co. 1-bis
del TUIR).
Considerato che, ai sensi dell’art. 67 co. 1-bis, del TUIR, per la determinazione delle
plusvalenze/minusvalenze, si considerano cedute per prime le valute acquisite in data più
recente (criterio LIFO), per determinare la plusvalenza conseguente a prelievi da wallet, che
abbiano superato la predetta giacenza media, si deve utilizzare il costo di acquisto
considerando cedute per prime le valute acquisite in data più recente.
L’eventuale reddito risulta quindi assoggettato ad imposta sostitutiva del 26% ex art. 5 del
DLgs. 461/97.
Offerta e successiva cessione di token digitali
In merito al regime fiscale applicabile con riferimento all’offerta e successiva cessione di token digitali emessi da una società con l’obiettivo di raccogliere fondi per la realizzazione di un progetto specifico, la risposta ad interpello dell’Agenzia delle Entrate 28.9.2018 n. 14 ha chiarito:
- l’irrilevanza dell’operazione di cessione dei token da parte del soggetto emittente, ritenendo che l’operazione di trasferimento di tali strumenti costituisca una mera movimentazione finanziaria non rilevante ai fini IRES;
- la rilevanza reddituale dei componenti di reddito derivanti dalla cessione dei predetti beni e/o dall’erogazione delle prestazioni di servizi “incorporati” nei token al momento della effettiva imputazione a Conto economico ex art. 83 del TUIR per i soggetti diversi dalle c.d. “micro-imprese”, ovvero in base al principio di competenza ex art. 109 del TUIR per gli altri soggetti.
Conclusioni e consigli
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